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Si è aperto il Giubileo: evocando la storia entriamo nell’evento

“Giubileo” si associa a “giubilo” che si semplifica in “gioia”. Chi penserebbe che questi

termini traggono origine dal volgare “corno di montone”? Sì, perché nella lingua ebraica la

parola “jobel” significa montone e per la cosa di cui parliamo, l’intero montone ha indicato il

particolare: il corno. Ci affrettiamo a chiarire la parola e così ci introduciamo a parlare di

ciò che il volgare corno significa. La legislazione biblica formulata per la prima volta nel

libro “Il Levitico” (terzo libro del Pentateuco, il gruppo dei primi cinque libri della Bibbia)

prevedeva che alla fine di ogni quarantanove anni, il suono del corno di montone

annunziasse che il cinquantesimo anno fosse un anno di liberazione e quindi di gioia. Così

avveniva che a cominciare da Gerusalemme, in ogni città o villaggio al tramonto della

fatidica giornata, dai corni di montone risuonasse in tutta la terra d’Israele, l’annunzio che

era giunto il tempo atteso. Riportiamo il testo del Levitico: “Il Signore disse a Mosè: parla

ai figli d’Israele e dì loro: tu conterai sette settimane di anni, sette volte sette anni; sette

settimane è quarantanove anni. Farai risuonare il corno nel settimo mese, il 10 del mese.

Nel giorno della espiazione farai risuonare il corno in tutta la vostra terra. Dichiarate sacro

il cinquantesimo anno e proclamerete la libertà nel paese per ogni abitante. Sarà per voi

un “giubileo”; ognuno tornerà nei suoi possessi. Ognuno tornerà nella sua famiglia”. (Lev.

25, 8 – 11). Veniva dunque prescritto che si restituisse la terra o i pegni che si erano ceduti

per debiti non pagati. Chi per questi debiti si era dato addirittura in pegno come schiavo,

poteva ritornare libero alla sua famiglia. Ma c’era anche un Giubileo della terra. Ogni sette

anni era prescritto che la terra, ormai sfruttata, si lasciasse a riposo e si raccogliesse

soltanto quello che spontaneamente produceva nell’anno giubilare. Rispetto pietoso per la

terra che conviene rilevare nei nostri tempi di profanazione del pianeta intero che

manifesta tragicamente la sua sofferenza. Lungo il corso della storia di Israele, i profeti, tra

le colpe che rimproveravano al popolo, colpe che suscitavano lo sdegno di Dio,

denunziavano anche l’inosservanza delle norme liberali del Giubileo. Notiamo che nel

Deuteronomio, quinto libro del Pentateuco, scritto in tempi successivi, la liberazione della

schiavitù e la restituzione dei pegni per debiti, doveva essere attuato anche nell’anno di

riposo sabbatico (settimo anno) della terra. È utile la citazione letterale: “Al termine dei

sette anni farai il condono: chiunque detiene un pegno a sua disposizione, condonerà ciò

per cui ha ottenuto il pegno; non avrà pretese sul suo prossimo, né sul suo fratello, poiché

è stato proclamato il condono davanti a Yahweh”. (Deut. 15, 1 – 2).

Nello scorrere dei libri sacri dell’Antico Testamento notiamo che la regola del Giubileo, sia

settennale che cinquantennale, rimase più un ideale desiderato che praticato per le

difficoltà morali e giuridiche che presentava. Prese invece campo la pratica del

pellegrinaggio frequente, anzi assiduo, dal territorio e dalle nazioni verso Gerusalemme

che conteneva il grandioso tempio ideato da re Davide e realizzato con splendida

magnificenza dal figlio, il famoso re Salomone. I buoni israeliti in alcune ricorrenze annuali

muovevano dalle loro dimore e in gioiose carovane salivano alla Città Santa e sostavano

nel tempio desiderosi e sicuri di incontrare il Dio dei padri, della storia, dell’alleanza. Gli

offrivano doni e sacrifici, simboli della donazione della mente e del cuore, secondo il

comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore…”

Belli i salmi detti “graduali” (dell’ascesa) che i pellegrini camminando cantavano. Gustiamo

qualche breve citazione:

“Quale gioia quando mi dissero: andiamo alla casa del Signore”.

“Rallegrati Gerusalemme, accogli i tuoi figli nelle tue mura”.

“Come è amabile la tua dimora o Signore; anche il passero trova riposo e la rondine fa il

nido presso i tuoi altari”.

I pellegrini ritornavano purificati, leggeri per aver lasciato nell’incontro con Dio il peso dei

peccati. La pratica del pellegrinaggio di fede è presente nei testi del Nuovo Testamento. La

sacra famiglia si recava tutti gli anni a Gerusalemme e il dodicenne Gesù non seguì quella

volta la carovana del ritorno perché amò rimanere nella casa del Padre suo. Da adulto,

profeticamente, volle purificarla cacciando gli affaristi e i mercanti per riportarla a Casa di

Preghiera. Vi si recò per la Pasqua che lo vide Agnello immolato. Vi rimasero gli apostoli e

Maria ricolmati dallo Spirito Santo al cospetto dei pellegrini provenienti da tutto il mondo.

Dopo la distruzione del tempio a opera dell’imperatore Tito, nel 70 d.C., gli ebrei superstiti

si dispersero nel mondo e nella storia, sognando con nostalgia in ogni generazione il

ritorno a Gerusalemme. Si perdette, ovviamente, l’idea del Giubileo sia settennale sia

cinquantennale. Il corno giubilare non suonò più.

Il senso del pellegrinaggio ai luoghi santi passò alla comunità cristiana. Gerusalemme con

tutti i luoghi di Gesù divenne riferimento ideale per i credenti di tutto il mondo. Si

ritrovarono i luoghi amati del Redentore, si costruirono edifici sacri e da ogni luogo si

mossero pellegrini desiderosi di purificarsi e infiammarsi nelle impronte del Redentore. Nel

corso del tempo i cristiani oltre alla Terra Santa, individuarono nell’Europa diverse mete

sacre dove confluire come pellegrini. Emerse subito Roma che conservava “i trofei” (i

sepolcri) di Pietro e Paolo come testimonia Sant’Ireneo di Lione nel II secolo. Fu scoperto

anche prodigiosamente il sepolcro dell’apostolo Giacomo, in Galizia (Spagna). Il luogo

prese il nome di Compostella perché il sepolcro dell’apostolo era stato segnalato nel

campo dallo splendore di una stella. E poi il monte San Michele nel Gargano. Poi le tombe

dei santi popolari San Francesco e Sant’Antonio. Sorsero poi dovunque santuari legati al

culto della Santissima madre di Gesù, resi attraenti da apparizioni prodigiose e visitati da

milioni di devoti. Anche nel nuovo mondo a Guadalupe (Messico) una prodigiosa

immagine di Maria attrae il maggior numero di pellegrini fra i santuari del mondo. Le

giornate mondiali della gioventù risultano immensi pellegrinaggi della generazione

giovane. E il Giubileo? Fu riscoperto nel 1300 dal Papa Bonifacio VIII. L’idea forse

gliel’aveva fornito il suo santo predecessore Celestino V, il quale da eremita del monte

marrone si ritrovò papa. Si smarrì subito fra le incombenze giuridiche e politiche e le

fazioni delle famiglie romane. Da uomo di vita spirituale volle offrire ai fedeli un dono che si

chiamò subito “La perdonanza”. Coloro che avessero varcato la soglia della basilica di

Colle Maggio in L’Aquila, nel giorno anniversario della sua consacrazione a sommo

pontefice, avvenuto in quella chiesa, avrebbero ricevuto il perdono dei peccati. È l’unico

atto pontificale di papa Celestino che si dimise sei mesi dopo, sopraffatto dal peso del

pontificato. Era altra tempra il successore Bonifacio. Uomo dal carattere forte, cosciente

dell’altezza della sua missione, volle ristabilire e far riconoscere l’autorità suprema del

successore di Pietro e perciò vicario di Cristo. Autorità che non gli riconoscevano più i

sovrani delle nazioni. Egli ricorse alla istituzione del Giubileo cogliendo la coincidenza

dell’inizio del nuovo secolo. Così proclamò che tutti i pellegrini, raggiungendo Roma,

varcando la porta santa della basilica di San Pietro, avrebbero ricevuto il perdono di tutti i

peccati e la liberazione dalle pene del purgatorio per i loro defunti. L’annunzio fu accolto

con tanto fervore da tutta la cristianità. Si calcola che si misero in viaggio e raggiunsero

Roma più di un milione di pellegrini. Fra di essi ci fu anche Dante che ci ha lasciato

significative tracce nella Commedia di quella sua esperienza. La curiosità che più lo ha

sorpreso fu che per la grande folla quotidiana fu stabilito il senso unico su ponte

Sant’Angelo che, attraversato il Tevere, immetteva nella via d’accesso alla basilica di San

Pietro. Ma il particolare più commovente lo ha evocato in versi nel trentunesimo canto del

Paradiso, scritto alcuni anni dopo il Giubileo a cui aveva partecipato. Già nel 1293 Nella

“Vita Nuova”, aveva scritto con emozione che “molta gente va (a Roma) per vedere quella

immagine benedetta la quale Yesu Cristo lasciò a noi per essemplo della sua bellissima

figura”. Nel Giubileo del 1300 il velo detto della Veronica, in cui rimase impresso il volto di

Cristo sofferente, veniva mostrato ogni giorno e il pellegrino Dante nota che lui è pure

“qual è colui che forse di Croazia/viene a vedere la Veronica nostra/e per l’antica fame non

sensazia/ma dice nel pensier fin che si mostra/: Segnor mio Yesu Cristo, Dio verace, or fu

sifatta la sembianza vostra?”.

Non è da meno il Petrarca che nel Canzoniere canta da par suo: “movesi il vecchierel

canuto e bianco/e viene a Roma seguendo il desio/per mirar la sembianza di colui/che

ancor lassù nel ciel vedere spera”.

I poeti ci descrivono che in tutto quel concorso di popolo, l’evento più desiderato era il

vedere quel volto di Cristo. Per la completezza diciamo che quel velo così venerato, fu

trafugato da Roma nei primi anni del 1600, e dopo poliziesche vicende, è ricomparso in un

piccolo centro della provincia di Chieti, Manoppello, dove è mostrato e venerato. (Potrebbe

essere questo uno dei nostri prossimi appuntamenti).

Bonifacio VIII aspettò invano che i sovrani si trovassero fra i pellegrini; ma l’effetto

unificante del popolo cristiano fu rilevante e l’autorità spirituale del papa (non quella

politica) ne risultò ravvivata. Esempio è il nostro sommo Dante, il quale, pur nutrendo

sentimenti di avversione verso l’autoritario Bonifacio, seppe riconoscere con fede il vicario

di Cristo. Il Giubileo divenne nel tempo istituzione non solo centenaria ma

venticinquennale oltre alle convocazioni straordinarie.

La vigilia di Natale Papa Francesco ha aperto la Porta Santa. E’ cominciato il Giubileo di cui seguiremo gli eventi.

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