L’Italia è una delle nazioni europee in cui si celebrano meno matrimoni. Prendendo a riferimento ad esempio l’anno 2020, il dato è di 1,6 ogni 1000 abitanti. Ma qual è la situazione in merito a divorzi e separazioni? La domanda, tutt’altro che banale, mette in evidenza una verità che un buon numero di coppie si ritrova, prima o poi, ad affrontare.
La nostra nazione non ha soltanto un basso tasso di nuzialità, ma anche un numero ridotto di divorzi: sempre prendendo a riferimento l’anno 2020, a mettere la parola “fine” agli effetti civili del matrimonio sono state 1,6 persone ogni 1000 abitanti. Tutto ciò nonostante l’approvazione della Legge 55/2015, che ha dimezzato i tempi della procedura.
Ad ogni modo, il trend è in salita anche in Italia, specialmente dopo il lockdown del 2020, con un leggero aumento delle cause giudiziali e variazioni non significative per l’iter consensuale rispetto al quinquennio precedente.
Ecco i risultati delle ultime statistiche in termini percentuali:
- l’85,3% delle separazioni su 79917 sono state consensuali
- lo stesso dicasi per il 71,7% dei divorzi, su un totale di 66662.
Tutto questo in premessa alla recente sentenza del tribunale di Termini Imerese che riconosce l’assegno divorzile ad una giovane donna residente nelle Madonie. Caso non ricorrente che porta questo risultato a fare giurisprudenza nel settore.
Va detto che L’assegno divorzile consiste nell’obbligo di uno dei coniugi di versare periodicamente all’altro coniuge un assegno “quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”.
Diverse nel campo sono le pronunce giurisprudenziali. Con una recente pronuncia, la Suprema Corte ha ribadito il principio per il quale il riconoscimento dell’assegno divorzile, cui deve essere attribuita una funzione assistenziale e compensativa, è finalizzato al raggiungimento per il coniuge istante di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, tenendo conto anche delle aspettative professionali sacrificate. Tuttavia, la Cassazione, con l’ordinanza n. 5603/2020, ha stabilito che non si può riconoscere l’assegno divorzile all’ex coniuge, nel momento in cui non si abbia prova del suo effettivo guadagno, anche derivante dallo svolgimento saltuario e irregolare di prestazioni lavorative.
Dal Tribunale di Termini Imerese è arrivata la sentenza che ha determinato un principio. Nel caso specifico, nel 2014, le parti si erano separati consensualmente senza prevedere alcun assegno di mantenimento per la donna, elemento non favorevole al riconoscimento raggiunto. Successivamente nel 2019, a seguito di una causa di divorzio giudiziale, la donna rappresentata e difesa da uno studio legale di Castelbuono vede riconosciuto dal Tribunale di Termini il suo diritto all’assegno divorzile anche se di giovane età.
I legali avvocati Salvatore Di Liberti e Stefania Carabillò sono riusciti a dimostrare in corso di causa, “la funzione assistenziale e compensativa dell’assegno divorzile”, che a seguito del riconoscimento di tale diritto, darà alla donna anche le spettanze del 40% della liquidazione dell’ex marito.
Una sentenza che ha dato soddisfazione professionale ed umana ai legali che hanno dichiarato di essere «particolarmente orgogliosi per il risultato raggiunto».