[RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO]
Anche quest’anno, sabato 10 febbraio, l’Amministrazione Comunale di Castelbuono e il Consiglio della Biblioteca “Antonio Castelli” vogliono insieme ricordare e commemorare le numerose vittime dei massacri delle “FOIBE”, orribilmente compiuti, durante la seconda guerra mondiale, dall’Esercito Popolare di liberazione della Jugoslavia del maresciallo Josip Broz Tito.
Le foibe sono delle cavità carsiche, profonde fino a duecento metri, in cui vennero gettati i corpi di circa cinquemila italiani (secondo qualche storico, addirittura ventimila!). Fra costoro non vi furono solo fascisti, ma tanti innocenti senza alcuna colpa, uccisi solo perché italiani.
Si aggiunga che a tali orribili massacri fece seguito, negli anni del dopoguerra, il tragico esodo giuliano-dalmata, cioè l’emigrazione, spesso forzata, della maggioranza dei cittadini italiani (circa trecentomila), residenti nella Venezia Giulia, nel Quarnaro e nella Dalmazia, territori questi appartenuti, fino ad allora, all’Italia e poi passati alla Jugoslavia.
Qualche riflessione di carattere storico, forse, potrà aiutare a capire meglio la tormentata questione del confine nord-orientale. La Venezia Giulia e l’Istria avevano storicamente tre diverse radici: italiana, slovena e croata. Questi tre gruppi etnici erano sempre vissuti pressoché pacificamente, fino alla metà circa dell’Ottocento. Al termine della Terza guerra d’indipendenza, l’impero austro-ungarico, avendo dovuto cedere all’Italia il Veneto e temendo, pertanto, una probabile recrudescenza dell’irredentismo italiano, favorì la slavizzazione dei restanti territori nord-orientali “con energia e senza riguardo alcuno”, come ebbe a dire lo stesso imperatore Francesco Giuseppe al Consiglio della Corona (12 novembre 1866). Da allora iniziarono, fra i suddetti gruppi etnici, tensioni e vendette, che si protrassero per quasi un secolo. Dopo la sconfitta austro-ungarica nella Prima guerra mondiale, l’Italia ottenne, in forza del trattato di Rapallo (12 novembre 1920), il controllo di una larga fascia dell’Istria, in cui abitavano circa 356 mila italiani e 490 mila slavi. Benito Mussolini mostrò subito di avere idee inequivocabili, circa i rapporti da tenere tra le diverse etnie: “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica, che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io credo che si possano più facilmente sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”. L’opera fascista di pulizia culturale non si fece attendere e fu spietata: venne proibito l’uso delle lingue slovena e croata, vennero bruciate case e scuole slave, vennero italianizzati i cognomi, finanche sulle lapidi dei cimiteri. La situazione peggiorò con l’invasione dell’Italia fascista del 1941 e la creazione della provincia di Lubiana, funestate da fucilazioni e deportazioni. Nel 1943, dopo l’armistizio di Cassibile, i tedeschi lanciarono l’operazione Nubifragio, per assumere il controllo della Venezia Giulia, scontrandosi così con i partigiani di Tito, i quali, in tale circostanza, toccarono l’apice della loro crudeltà, con l’interramento di migliaia di italiani nelle foibe.
E’ stata la Legge n. 92 del 30 marzo 2004 a istituire il Giorno del Ricordo “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Bisogna dire che per lungo tempo sulle tragiche vicende delle foibe era calato un velo di silenzio, per indubbia colpa della Sinistra: forse l’esistenza dei buoni rapporti fra Palmiro Togliatti e Josip Tito o piuttosto il timore che la tragedia delle foibe potesse, da parte della Destra, essere ideologicamente strumentalizzata come una vendetta comunista contro gli italiani fascisti.
Auspichiamo, dunque, che il “Giorno del Ricordo” possa, al di là di ogni contrapposizione ideologica, scuotere le coscienze di tutti e alimentare una memoria condivisa, in modo da onorare degnamente tutte le vittime delle Foibe e scongiurare, al contempo, che simili tragedie umane abbiano mai più a ripetersi.
Il Consiglio di Biblioteca L’Amministrazione Comunale