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Gli ottant’anni di Rosario Alessandro: «É bello girarsi indietro e vedere la strada percorsa»

Caro prof, doverosamente dovrei darle del lei, ma siccome ci conosciamo da una vita… guardiamoci negli occhi col sorriso di sempre, consapevoli che… u parrari è arti leggia. Ci hai invitato alla tua ricorrenza degli ottanta anni e avremmo voluto chiederti dei tuoi tanti interessi culturali e delle tante passioni della tua vita. In quell’occasione non ci fu tempo e, tra antipasti, gustose pietanze e dolci abbiamo scherzato assieme ai tuoi e ai diversi amici nel leggerti il tradizionale ironico “papello augurale”: ma ora si vuol fare sul serio e… non mi sfuggi più. E allora Rosario Alessandro parlaci un po’ delle belle tappe raggiunte in tanti anni e, nei tuoi ricordi condividi con noi anche qualche episodio o situazione particolarmente singolare. A te la parola.

“Certamente Sandro, fra noi niente formalismi… per arrivare agli 80 c’è voluto un po’, anche se con non troppa fatica nonostante negli ultimi tempi si sia resa necessaria qualche riparazione. Ora è spontaneo girarsi indietro per vedere la strada percorsa. E’ quello che mi chiedi, e tu ben sai quanto sia difficile cernere le esperienze che ti segnano da quelle più effimere che poi la memoria cancella. Premesso che è sempre complicato e imbarazzante parlare di se stessi…. di me ti posso dire di aver vissuto, fin da ragazzo, una vita lineare…con le passioni e i sogni comuni alla mia generazione. A scuola sono stato nella media, con difficoltà nelle materie scientifiche, ma con più spiccata propensione verso quelle umanistiche. Il liceo classico di Cefalù mi ha fornito i fondamentali culturali per essere quello che sono: una persona curiosa della vita, amante del bello in tutte le sue forme. Devo dire che la vita, come dono tardivo, continua a darmi l’opportunità di inseguire le mie inclinazioni. Sotto questo aspetto, vivere a Roma, per dirla volgarmente, significa:” purtari u sceccu all’erva “. In questa capitale, che ormai fa parte della mia storia, ho potuto coltivare alcune delle mie passioni giovanili. Per quanto riguarda il cinema mi piace frequentare il “Nuovo Sacher “di Nanni Moretti e anche la Casa del cinema. Sul versante sociale sono iscritto al circolo PD di Testaccio-San Saba molto fervido di iniziative, dove spesso arrivano la Schlein, Letta, Favino, Foglietta, Valerio Mastrandrea etc… Qui, mi misuro, nel mio piccolo, con la conoscenza e la comprensione dell’immenso patrimonio archeologico, paesaggistico, monumentale, museale di questa città che nella sua grandezza non finisce mai di stupire. Qui tocchi una pietra, un marmo, vedi un quadro e questi ti narrano una storia di uomini e di umanità”.

“Sono cresciuto – continua -, da ragazzo, con poca nutella e qualche libro in più, che, tuttavia non mi ha distolto dalla voglia di giocare a pallone, altra mia grande passione che mi esaltava e mi faceva sentir libero quando calpestavo un campo di calcio. Non avevo grandi mezzi tecnici, ma giocai ininterrottamente per undici stagioni con la mia maglia granata del Castelbuono. Però il calcio mi procurò un dolore atroce: si portò via Luigino Failla, primo morto in Italia per incidente su un campo di calcio. Quella fu l’unica partita che non giocai in 11 anni per motivi scolastici. Luigino, quella volta, giocò al posto mio. In seguito iniziai la mia vita professionale con i 5 anni ruggenti vissuti in Piemonte che mi consentirono di aprire lo sguardo verso il mondo. Seguirono altri 5 anni a Roma connotati da un maggior interesse verso il sociale e la politica vista da vicino. Al mio ritorno in Sicilia qualcuno pensò di sfruttare determinate mie esperienze cooptandomi per ruoli rappresentativi nella politica locale. Per parecchi anni feci il segretario della DC e poi il Presidente del Partito democratico per Castelbuono, onorando il ruolo con serietà ma senza particolare successo per via di una sensibilità e visione diversa delle problematiche. Intanto, da insegnante, crescevo la mia famiglia. Sono stato un insegnante non canonico…ho fatto tutto in modo meravigliosamente imperfetto. Un professore diventa maestro quando smette di parlare ai suoi studenti di quello che sa e inizia a raccontare quello che è grazie a quello che sa. Poi, le scelte dei miei figli, mi hanno ricondotto a Roma nel ruolo di nonno- vagabondo per curiosità… perché chi non si meraviglia non ha nulla da scoprire e da raccontare e, quel che è peggio, da amare. Ora, alla nostra età, Sandro… tu lo sai meglio di me, vivere a Roma è un modo di perdere la vita. Roma è un labirinto, una corsa a ostacoli costante, difficile e stupenda allo stesso tempo. Viviamo nel posto più bello del mondo, in un posto da perdere la testa, in un condensato che disorienta”.

Ed ecco che Rosario Alessandro comincia a raccontare alcuni episodi della sua vita. “Mi chiedi ora di episodi, incontri, esperienze significative… ne ho tanti…Voglio cominciare da una coincidenza che più mi ha lasciato turbato:1° novembre 1975, verso le 10 di sera, in piazza dei 500 , fermo in macchina perché uno della comitiva doveva comprare le sigarette, vidi uscire dall’edicola accanto P.P. Pasolini con un fascio di giornali sottobraccio avviarsi alla sua macchina. L’indomani mattina, la prima notizia che sentii dalla radio fu quella della sua morte nel lido di Ostia. Il 16 ottobre del ‘78, invece, ricordo indimenticabile ed emozionante fu l’elezione al pontificato di K.Wojtyla. Appoggiato alle transenne di Piazza S.Pietro, in attesa della fumata bianca che puntualmente arrivò, ingannavo l’attesa con chiacchiere scontate con il mio amico Peppe Tanzi ( lo conobbi studente e me lo ritrovai poi Direttore Generale dell’Assessorato all’Ambiente della Regione Lazio) e , avevo accanto a me la sorella di Jas Grabowski. All’annuncio del nome da parte del Camerlengo (a me era sembrato un nome africano), mi sentii scuotere con un urlo: “oh Diooo…l’hanno fatto Papaaaa!” La polacca conosceva il Papa e sapeva tutto di lui. Dalla postazione del tg 2, poco distante, notai Italo Gagliano assai concitato nel cercare notizie…intuii rapidamente il da fare… gli segnalai la presenza della nobildonna polacca che prontamente gli venne in soccorso. Quel giorno il tg2 fece il miglior scoop giornalistico. Sempre del ‘78 conservo il ricordo più prezioso che finora ho conservato solo per me: una sera di dicembre, in Via Uffici del Vicario iniziò un’amichevole frequentazione con Sandro Pertini. Era stato da poco Presidente della Camera ed aveva riconquistato una libertà personale di movimento che lo spingeva a mescolarsi tra la gente, senza scorta. Si incuriosì per una mia considerazione sul “socialismo “e da lì continuammo ad incontrarci per un tè al Babingtons di Piazza di Spagna o per le caldarroste all’angolo di Via dei Condotti di cui era ghiotto. Purtroppo, però, il ritratto (poi ritoccato a casa) che gli fece il mio collega Cassarino a piazza Navona, non lo potemmo consegnare più perché, come Cincinnato, venne richiamato alla più alta magistratura dello Stato. Sandro, potrei raccontare a lungo, ma devo rispettare i tempi… e così, a volo d’uccello, in estrema sintesi accenno a quella volta che all’Olimpico, che frequentavo grazie a un paesano che aveva un ruolo nella Lazio, ebbi modo di scambiare qualche battuta con Gianni Brera, il mio Omero privato (l’ho letto per 23 anni). O quella volta che, sempre all’Olimpico, dopo un’Italia- Jugoslavia, sulle scale, incrociai lo sguardo di Berlinguer, chiuso nel suo abito celeste che lo faceva sembrare un contadino col vestito della domenica. Il suo sguardo mite e profondo mi impressionò. Sempre all’Olimpico, io e il paesano, incontrammo Gianni Minà. L’incontro fu deludente. Spiegare il perché è lungo. Altro momento storico fu il sequestro Moro. Ho vissuto quel giorno dentro gli eventi. Assistetti al pomeriggio alla presentazione del governo Andreotti. Potei accedere alle tribune della Camera grazie al “ pass” che mi aveva in precedenza procurato l’on. Carollo. Vidi allora lo smarrimento dei politici e le lacrime di La Malfa che invocava la pena di morte. Gli anni di piombo li ho vissuti in presa diretta. Finisco proprio con un fatterello di cronaca di quegli anni tribolati: una mattina di buon’ora, nei pressi della stazione Termini, andando a scuola col mio amico-collega Bruno vediamo venirci incontro una ragazza in evidente stato di agitazione… ci chiede un gettone telefonico per avvisare la famiglia della sua liberazione avvenuta pochi minuti prima. I suoi sequestratori l’avevano rilasciata con vestiti leggeri in una mattina fredda. Era Giovanna Amati, figlia di un potente industriale del cinema. Per concludere, Sandro… la vita è imparare ad abitare la propria condizione. La mia condizione è quella di uno spiantato dalla propria Itaca, ma ben contento di vivere nel più grande contenitore al mondo di bellezze tutte da rincorrere e ammirare con curiosità. A Roma io mi sento solo spettatore del più fantasmagorico circo. Come diceva Fellini: “Roma è la città delle illusioni, non a caso qui c’è la chiesa, la politica, il cinema, tutte cose che producono illusioni. Questa la mia vita… non quella di un altro”.

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