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Manfredi Barbera: “La Sicilia senza un ammodernamento degli uliveti non avrà futuro”

Manfredi Barbera ama definire la sua azienda Premiati Oleifici Barbera di Custonaci (Tp) come “La più grande delle piccole, la più piccola delle grandi”. Lo abbiamo intervistato quale uno dei maggiori esperti della situazione olivicola mediterranea.

Ogni anno commercializza 5 milioni di litri di extravergine d’oliva di cui 2 milioni da olive coltivate in Sicilia, 1,5 milioni da altre regioni, 1,5 da nazioni mediterranee. Cura particolarmente la sperimentazione (nel frantoio di Custonaci ci sono 4 tipi di frangitore: a martelli, a dischi, a cilindri, con denocciolatore), favorisce l’associazionismo tra i frantoiani e tra i produttori, in una regione dove l’eccessiva parcellizzazione degli oliveti diventa un ostacolo. Insomma, Barbera rappresenta l’operatore più importante e autorevole del mondo dell’evo siciliano.

Quali prospettive dell’evo italiano e siciliano in particolare?

L’olio siciliano si va sempre più affermando presso tutti i consumatori, lo definisco “l’olio degli angeli” che si distingue da quelli “maschili” molto fruttati e robusti e dai “femminili” molto delicati. Il siciliano possiede entrambe le caratteristiche. È un olio che accontenta tutti i palati per cui le prospettive sono ottime, è ben accolto in tutti i mercati con incrementi notevoli. Purtroppo la situazione meteorologica attuale, non piovendo, condizionerà pesantemente la prossima produzione. L’olio italiano in generale è stabile ma ne futuro anche prossimo, sarà difficile stare al passo con i tempi, fronteggiare le produzioni di stati esteri, manca un Piano Olivicolo Nazionale. In Europa altre nazioni, specie la Spagna, hanno rimodernato tutta la filiera, a cominciare dagli uliveti reimpiantati in funzione della raccolta meccanizzata.

Come sta andando Premiati Oleifici Barbera?

Molto bene, per noi è stato un anno ottimo, raggiungendo il record di fatturato, l’azienda è in espansione, con nuovi progetti e investimenti a 360 gradi nella produzione e nell’ammodernamento degli impianti di stoccaggio e confezionamento, prevediamo anche la realizzazione di nostri punti vendita monomarca.

Qual è l’origine dell’olio Barbera?

Da tutta la Sicilia, specie dalle provincie di Palermo, Agrigento e Trapani, siamo gli unici in Italia ad avere stabilimenti in tutte le zone Dop di una regione, da noi sono 6 Dop oltre all’Igp Sicilia. Poi da Puglia e Calabria infine da Portogallo, Spagna, Grecia e Tunisia. Purtroppo la produzione italiana è assolutamente deficitaria anche solo per il mercato interno.

Che controlli effettuate specialmente sull’olio importato?

Nel corso degli anni abbiamo selezionato accuratamente tutti i produttori, dai siciliani ai tunisini, per cui ormai, anche con le nostre continue ispezioni nelle aree di produzione, conosciamo perfettamente la situazione di qualità dell’olio che compreremo. Inoltre abbiamo investito oltre un milione di euro in un laboratorio all’avanguardia che ci consente di controllare l’olio proveniente da tutti i frantoi che lavorano con noi. Verifichiamo tutto, anche la presenza dei pesticidi affinchè l’eventuale loro presenza sia ben al di sotto dei limiti consentiti. Possiamo decisamente affermare che tutto l’evo siciliano, non solo il biologico certificato, in pratica è come se non avesse alcun residuo di fitofarmaci.

E’ stato sempre un promotore dell’associazionismo.

Il Cofiol, Consorzio Filiera Olivicola, da noi fondato nel 2011 è passato da 9 a 60 frantoi associati,  abbiamo appena lanciato una nuova associazione-cooperativa, di soli olivicoltori che già ne comprende 900, si chiama O.R.O. Sicilia, Organizzaziore Regionale Olivicoltori, riconosciuta già dal Mipaf e finanziata con un progetto di monitoraggio della qualità. L’associazionismo di tipo cooperativo è essenziale in una olivicoltura estremamente parcellizzata perché si ottengono condizioni economiche più vantaggiose e tramite la cooperativa si può acquistare più convenientemente ciò che serve in campagna.

Come è stata l’ultima campagna olearia?

Per eufemismo non delle migliori: il 40% meno di produzione media, per la qualità siamo riusciti a fare prodotti molto buoni, che vincono premi prestigiosi. Con la differenza rispetto ad altri produttori che Barbera vince premi con oli che facciamo per 400 o addirittura 600 quintali, gli altri spesso partecipano con produzioni da 5 a 10 quintali curate a questo scopo, quindi oli che poi nel mercato non trovi.

Avete tante linee di prodotti e circa 50 etichette, non sono troppe?

Noi ci riteniamo tra gli “specialisti mondiali dell’extravergine”. Noi non siamo azienda di nicchia, abbiamo un impatto importante sul mercato quindi siamo costretti ad offrire un ventaglio di proposte che possano coprire tutte le esigenze economiche, qualitative e organolettiche. Dobbiamo occupare tutto il mercato con una segmentazione verticale in base al prezzo, andando dal più costoso Lorenzo al più economico, ed una orizzontale che per fasce di prezzo soddisfi le esigenze e i desiderata dei clienti. Offriamo evo: biologico, fruttato, dolce, amaro, piccante, per cucinare, per pesce, per legumi, ecc. Occupiamo tutto il mercato e lo possiamo fare perché abbiamo uno spirito artigianale, una conoscenza professionale e una distribuzione di tipo industriale. Pur non volendo darci delle arie, nella realtà Barbera può vantarsi di essere un’azienda diversa da tutte le altre.

Una persona comune come può capire che ha davanti un evo buono?

Per prima cosa ne mette una piccola quantità in un bicchierino e sente gli odori. Devono essere profumi piacevoli, vegetali, fragranti di oliva verde, deve incuriosirti per scoprire di cosa sa. In bocca, a solo, deve avere anche leggere noti piccanti ed amare. Un olio non buono in genere o è completamente piatto o sprigiona sentori sgradevoli, sa di fermentato, di inacetito, di vino andato a male o addirittura sa di rancido. Importante è affidarsi a marchi seri che ti danno garanzia di genuinità e comunque fare la prova della degustazione. Il prezzo alto non è mai da solo una garanzia.

Qual è il futuro dell’olivicoltura italiana?

Per sopravvivere dovrà per forza ammodernarsi ed è in colpevole ritardo; abbiamo un sistema produttivo fermo a duecento anni fa negli uliveti, mentre gli altri paesi si sono evoluti passando ad un’olivicoltura moderna, meccanizzata, su principi industriali. Raccogliendo con le macchine si ha un’olivicoltura migliore e a prezzi molto più contenuti. È vero che abbiamo territori montani e collinari che poco si prestano alla meccanizzazione, ma anche in Puglia con i suoi tavolieri che ben si prestano siamo arretrati e fuori mercato. È necessario un Piano Olivicolo che preveda contributi solo agli uliveti impiantati ad alta densità e con possibilità di automazione, si devono fare oliveti non di pochi ettari, ci vuole l’estensione o la cooperazione. Gli oliveti tradizionali, quelli che hanno impiantato i nostri avi devono diventare beni culturali-colturali, valorizzando anche gli aspetti paesaggistici. L’Italia in Europa dovrà contare, oggi nella Politica Agricola Comunitaria comandano gli spagnoli che si disegnano i regolamenti a loro misura.

Barbera sta procedendo in senso moderno, cosa sta facendo?

Abbiamo impiantato in provincia di Trapani inizialmente un oliveto sperimentale con 25 cultivar siciliane con la consulenza del prof Caruso dell’Università di Palermo, successivamente ne abbiamo piantate 50.000 piante in 70 ettari ad altissima densità con i tre cloni varietali che hanno dato i migliori risultati. Nel 2024 in occasione dei 130 anni di Oleifici Barbera usciremo con i nuovi prodotti, moderni, che ripeto saranno di varietà siciliane e non spagnole come hanno fatto altre aziende italiane che stanno passando all’intensivo.

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