Recensione di Rosalba Gallà alla silloge poetica “Versi freschi e lievi” di Santo Atanasio
Non sono ancora trascorsi due anni dalla pubblicazione della raccolta “Cento poesie nuove e varie”e il poeta castelbuonese Santo Atanasio ritorna a farci assaporare una nuova silloge, “Versi freschi e lievi”, che si colloca sulla scia tematica e formale della precedente, come una sorta di prosecuzione del racconto in versi della sua dimensione interiore in una precisa fase della vita, in cui la condizione anagrafica spinge inevitabilmente a fare i conti con il tempo che trascorre e, soprattutto, con quello che è già trascorso. “Il tempo, grande scultore”, scriveva Marguerite Yourcenar, e il tempo scolpisce anche attraverso la poesia, creando schegge temporali in cui vengono fissati stati d’animo, sentimenti, memorie, attimi, stratificazioni interiori che palpitano ancora, dando senso al presente e forgiando prospettive future.
“Versi freschi e lievi”, dunque, ma venati di una malinconia che però non ama crogiolarsi in se stessa, ma spinge verso la ricerca di nuove sicurezze e di riconquistata serenità. Il sole, grande protagonista dell’intera raccolta, durante la pioggia esce di scena “dietro di sé lasciando / una scia di rimpianto / e di silenzio grigio”: c’è una perfetta corrispondenza tra il tempo della natura e il tempo interiore del poeta, nell’alternarsi delle stagioni e nella ciclica trasformazione degli alberi e delle condizioni ambientali. Immerso nel suo contesto madonita, Santo Atanasio porta nelle profondità del suo essere ogni goccia di pioggia, ogni soffio di vento, ogni raggio di sole, ogni petalo, ogni foglia, che diventano occasione per viaggiare dentro di sé e per creare piccole sculture di versi, cesellati con finezza, scheggiati con raffinatezza come solo la durata del tempo interiore e le stagioni dell’anima sanno fare.
Autunno e primavera, inverno e estate si alternano nell’animo poetico di Atanasio, richiamandosi reciprocamente: nei “rami scabri, ruggine e grigiastri” di dicembre, il poeta vede già “la febbre / di verde, di profumi e fiori nuovi, / di altri canti giulivi, di un bel sole”, proiettandosi fiducioso verso la successiva primavera, avvertita già nelle vibrazioni dell’anima. Nel suo presente c’è una tensione continua tra un ripiegarsi verso il passato e un dispiegarsi verso il futuro: c’è “un’armonia di memorie oro e rosa”con la possibilità di rivivere “il tempo delle fiabe” e la prospettiva che il cielo si riapra e si adorni “di palpiti di sole”: così “tutte le foglie e i petali grondanti / ecco! sospirano di un gran sollievo”. Sono movimenti circolari dell’animo umano, son labirinti interiori in cui il tempo, con le sue sculture, perde la dimensione della linearità e si incurva su stesso, in un eterno ritorno che fa rivivere il passato e fa presagire il futuro. La vita si proietta oltre quella terrena e vola, in certi momenti, verso la trascendenza, con quel profondo sentimento religioso che è proprio del nostro poeta. “Passano gli anni, passa la tua storia / e cadi, o vita, neve silenziosa”: immagine di eccezionale delicatezza che sfiora il tema del senso della vita e della morte, una vita che l’umanità conduce “tra fiori e sole e vento e fulmini”dove il polisindeto, con il suo ritmo insistente, evoca tutte le gioie e tutti i travagli dell’esistere. La vita cade, ma “il morire ti asseta di altra vita”. È intenso, in diverse poesie di questa raccolta, il sentimento di perdita: l’uomo assiste a un lento venir meno, a “foglie ocra di un noce frondoso”che “si staccano dai rami / ad aliti di vento”: “Similmente”(è il titolo della poesia da cui sono tratti questi versi) “andranno via tutte le nostre cose / belle e gloriose, / che c’erano una volta / e che nella memoria sono rose / che sfoglierà altro vento”. C’è la consapevolezza, che a volte supera la malinconia per approdare a un’amara tristezza, che la domenica della vita, la gioventù alla maniera leopardiana, sia irrimediabilmente perduta, ma rimane sempre presente l’antitesi tra “la greve vecchiaia”e “il primaverile sentire”; la sintesi di tutto questo patrimonio di sentimenti contrastanti è evocata nella breve e intensa lirica “Ogni giorno”:
“Nuvole, pioggia, / vento (che scuote gli alberi, / che svelle rami, / o che vellica i prati), / e arcobaleni e sole, / inverni e primavere ― / purché ogni giorno / non sia tempo sprecato / e il cuore e i sensi vibrino / d’amore per la vita.”
Ancora una volta ritorna il tema del tempo, un tempo interiore da non sprecare, un tempo che trova voce nella poesia e nella bellezza, la poesia che sa “cibarsi di cielo quando albeggia”e la bellezza come “emozione che solleva l’anima / verso l’incanto dolce dell’amore”.
Rosalba Gallà