Chi ci segue da tempo conosce la nostra ferma opposizione all’uso di immagini pietistiche, pensate per rafforzare gli stereotipi di un’Africa malata e senza speranza. Da anni denunciamo chi, anche animato dalle migliori intenzioni, indugia nel mostrare la sofferenza estrema — soprattutto quella dei minori — come strumento per commuovere, raccogliere consensi o fondi. Crediamo che la dignità venga prima di tutto.
Fatta eccezione per un solo caso: quando un’immagine, per quanto scioccante, possiede un valore documentale e giornalistico, e diventa testimonianza necessaria di un crimine, un’ingiustizia, una tragedia che l’informazione ha il dovere di raccontare.
È ciò che sta accadendo in questi giorni con le foto che filtrano dalla Striscia di Gaza. Scatti terribili, che mostrano una popolazione allo stremo, spinta sull’orlo del baratro dal deliberato blocco degli aiuti umanitari imposto dal governo israeliano. Immagini che ci costringono — e perdonateci l’altra eccezione — ad allargare lo sguardo oltre i confini del continente africano.
I corpi scheletrici di quei bambini palestinesi riportano alla mente un’altra pagina nera della storia, questa sì africana: la guerra del Biafra. Tra il 1967 e il 1970, il blocco degli approvvigionamenti imposto dall’esercito nigeriano per soffocare le velleità secessioniste della neonata Repubblica del Biafra provocò una carestia devastante.
Le foto in bianco e nero di allora — bambini ridotti a pelle e ossa, occhi vuoti, stomaci gonfi per la fame — non sono diverse da quelle che oggi ci arrivano da Gaza. E, lo diciamo con tutto il peso delle parole, ricordano anche le immagini più sconvolgenti dell’orrore nei campi di sterminio nazisti.
Non esiste giustificazione politica, militare o strategica che possa rendere tollerabile l’accanimento su civili inermi. Nessuna.
Prima o poi Benjamin Netanyahu e il suo governo dovranno rispondere delle loro azioni: se non davanti a un tribunale penale internazionale, lo faranno davanti alla Storia, che non fa sconti. E con loro, dovranno rispondere anche coloro che, potendo fermare questo scempio, hanno voltato lo sguardo o non hanno fatto abbastanza.




Didascalia foto di apertura (Omar Al-Qattaa / Afp): Naeema, madre palestinese trentenne, tiene in braccio il figlio Yazan, di due anni e malnutrito, nel campo profughi di Al-Shati, a ovest di Gaza City, il 23 luglio 2025.
Più di 100 organizzazioni umanitarie e gruppi per i diritti umani hanno lanciato l’allarme mercoledì sul rischio di una “carestia di massa” in espansione a Gaza, mentre gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio del loro principale emissario in Europa per discutere di un possibile cessate il fuoco e dell’apertura di un corridoio umanitario.
(Articolo tratto dalla rivista Africa)