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Venti di guerra. La comunità internazionale dice no all’occupazione di Gaza

Dalla maggioranza dei Paesi del mondo si è alzato una pioggia di critiche al piano del governo israeliano di occupare Gaza City. Dalle Nazioni Unite a Bruxelles la ferma richiesta è quella di riconsiderare la decisione. Intanto Hamas ha avvertito che non ci sarà alcuna resa. Sulla questione è stata convocata dall’ONU una riunione d’emergenza.

Occupare Gaza City, sfollare circa il milione di persone che la abitano facendole evacuare verso il sud della Striscia entro il 7 ottobre, data che segna la fine del secondo anno di guerra tra Israele ed Hamas. E’ il piano stabilito dal premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che mira all’occupazione della totalità della Striscia di Gaza, per liberarla definitivamente dal governo della fazione islamica. La decisione ha scatenato le reazioni fortemente contrarie di quasi tutto il mondo. Dalle Nazioni Unite, passando per Londra, Pargi e Madrid, giungendo fino ad Ankara, la richiesta è quella di un ripensamento e la maggiore preoccupazione è per la popolazione palestinese provata da una catastrofe umanitaria.. A far eccezione è Washington che, dopo aver taciuto sull’invasione di terra, sembra ora irrigidirsi sulle sue posizioni. Da JD Vance, vice presidente degli Stati Uniti, giunge la dichiarazione per cui l’obiettivo dell’amministrazione Trump sarebbe quello di garantire che Hamas non possa continuare ad attaccare persone innocenti e la risoluzione della crisi umanitaria a Gaza. “Ci sono molti obiettivi comuni, ha detto Vance, ma c’è un certo disaccordo su come esattamente raggiungerli”.

La reazione palestinese

“Una catastrofe senza precedenti” è la definizione usata dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen per il piano stabilito dal governo Netanyahu e il conseguente sfollamento di circa un milione di persone che attualmente risiedono a Gaza City. A tale decisone Abu Mazen e l’Anp si oppongono fermamente ribadendo il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. L’ambasciatore della Palestina alle Nazioni Unite ha richiesto dunque una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza con l’obiettivo di fermare Israele.

L’Europa

Fa da muro al piano di Netanyahu anche l’Unione europea. La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha chiesto che Israele riconsideri i suoi piani, mentre dal capo del Consiglio europeo, Antonio Costa, giunge l’avvertimento per cui se il governo israeliano procederà sui suoi passi ci saranno delle conseguenze nei rapporti: “ Un’operazione del genere viola l’accordo di associazione e i fondamenti del diritto internazionale” ha detto Costa. Senza precedenti infine la decisione del governo tedesco di imporre un parziale stop al rifornimento di armi per Israele. La dichiarazione è stata colta con “dispiacere” dall’esecutivo di Netanyahu, in virtù anche della storica alleanza tra i due Paesi.” Israele ha il diritto di difendersi, ha detto il cancelliere tedesco Merz, ma rimane difficile come i piani del governo potranno raggiungere tale obiettivo”.

La risposta di Hamas e degli Israeliani

“L’occupazione di Gaza non sarà un picnic” ha ammonito la fazione islamica, che si dice pronta ad un rilascio totale degli ostaggi, sempre se Israele cesserà il fuoco e si ritirerà dalla Striscia. “L’evacuazione di Gaza City sarà un’avventura che costerà cara ha detto Hamas in un comunicato, e non ci saranno rese”. Protestano anche i cittadini israeliani, in particolare i familiari degli ostaggi ancora prigionieri nelle mani di Hamas che temono non ci sia più alcuna speranza di riabbracciare i congiunti. Varie manifestazioni e cortei di sono tenute a Gerusalemme e Tel Aviv, sotto lo sguardo della polizia israeliana, pronta ad eseguire cariche per disperdere le folle.

In Alaska il 15 agosto l’incontro fra Trump e Putin

Il presidente Usa e il Cremlino hanno annunciato e confermato il vertice. Volodymyr Zelensky: “Nessuna decisione senza di noi”

Si terrà in Alaska il 15 agosto l’atteso incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin per tentare di trovare un accordo che conduca a una soluzione pacifica a lungo termine del conflitto in Ucraina. Ad annunciarlo è stato ieri sera lo stesso presidente statunitense sul social network Truth. Il consigliere presidenziale russo, Yuri Ushakov, ha confermato l’Alaska come sede dell’incontro parlando — riporta l’agenzia Tass — di «un vertice importante e atteso fra i leader dei due paesi» nel quale si discuterà anche dei rispettivi interessi economici che «si intersecano in Alaska e nell’Artico». Il Cremlino si aspetta che, dopo l’Alaska, il successivo incontro tra Putin e Trump si tenga in territorio russo: «Il corrispondente invito al presidente degli Stati Uniti è già stato consegnato», ha affermato Ushakov.

La diplomazia di Witkoff

Ha dunque impresso una significativa accelerazione l’azione diplomatica dell’inviato statunitense Steve Witkoff che nei giorni scorsi è stato ricevuto al Cremlino dal presidente russo Vladimir Putin. Già giovedì Mosca parlava di un «accordo di principio» per un prossimo vertice tra i due leader. Trump, che ha ripetutamente promesso di porre fine al conflitto, negli ultimi mesi ha diverse volte parlato telefonicamente con la controparte russa ma non si è ancora incontrato di persona da quando è tornato alla Casa Bianca il 20 gennaio scorso. I due leader non si vedono faccia a faccia dal giugno 2019 al G20 di Osaka, in Giappone, mentre Putin non mette piede sul suolo statunitense dal settembre 2015, sotto la presidenza di Barack Obama.

Zelensky: nessuna decisione senza di noi

Il vertice del 15 agosto in Alaska si svolgerà quindi senza il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha ripetutamente e giustamente preteso di avere voce in capitolo. Mosca chiede all’Ucraina di cedere quattro regioni parzialmente occupate (Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson), oltre alla Crimea, annessa nel 2014, e di rinunciare alle forniture di armi occidentali e a qualsiasi adesione alla Nato. Queste proposte sono inaccettabili per Kyiv che vuole il ritiro delle truppe russe dal suo territorio e garanzie di sicurezza occidentali, tra cui la continua fornitura di armi e il dispiegamento di un contingente europeo a cui la Russia si oppone. «Gli ucraini difendono ciò che è loro. Ovviamente non daremo alla Russia alcuna ricompensa per quello che ha fatto. La risposta alla questione territoriale ucraina è già nella nostra Costituzione. Gli ucraini non regaleranno la loro terra all’occupante», ha scritto Zelensky su Telegram, ribadendo che «qualsiasi decisione presa contro di noi, qualsiasi decisione presa senza l’Ucraina, sarebbe una decisione contro la pace».

Intanto, dalla Commissione europea arriva l’annuncio che nel pomeriggio di oggi, 9 agosto, nel Regno Unito, si terrà un vertice tra alti funzionari di Usa, Unione europea, Ucraina e altri Paesi europei per cercare di definire una posizione comune in vista del vertice del 15

Proseguono gli attacchi russi

Secondo indiscrezioni del «Wall Street Journal», il presidente russo Putin avrebbe presentato una proposta all’amministrazione Trump per il cessate-il-fuoco che include importanti concessioni territoriali da parte di Kyiv (la cessione della regione orientale del Donbass) e un impegno per il riconoscimento a livello globale delle sue rivendicazioni. E ieri sera, in alcune dichiarazioni, Trump ha lasciato intendere che «scambi territoriali a vantaggio di entrambe le parti» sarebbero parte di un possibile accordo fra Russia e Ucraina. «Il popolo ucraino merita la pace ma tutti i partner devono capire cosa sia una pace dignitosa», ha osservato ancora su Telegram il presidente Zelensky, sottolineando che «questa guerra deve finire e deve essere la Russia a porvi fine. È stata la Russia a iniziarla e a trascinarla, ignorando tutte le scadenze. Questo è il problema, non altro».

Nel frattempo non si interrompono gli attacchi armati russi in territorio ucraino. La notte scorsa due missili da crociera e quarantasette droni di vario tipo — rende noto l’Aeronautica militare di Kyiv — hanno colpito le zone di frontiera delle regioni di Chernihiv, Sumy, Kharkiv e Donetsk, nonché la città di Dnipro. Molti degli ordigni sono stati abbattuti o neutralizzati dalle difese aeree ucraine. Altre bombe hanno provocato alcuni feriti nei distretti di Nikopol e Synelnykove e a Chuhuiv.

In un comunicato l’Unicef informa che «durante la prima settimana di agosto, secondo le notizie, un bambino è stato ucciso e almeno quattordici sono stati feriti in Ucraina. Gli attacchi in corso che colpiscono le aree popolate hanno effetti devastanti sui bambini e sulle famiglie. Porre fine agli attacchi. Proteggere ogni bambino», conclude la nota.

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