Abbiamo appreso che Chiara Morici, Console Referente per Castelbuono a Barcellona (Spagna), in occasione delle recenti feste natalizie ha vissuto una esperienza singolare, avendo l’opportunità di partecipare a un progetto di volontariato organizzato da Cooperating Volunteers (https://www.cooperatingvolunteers.com/). Questa associazione promuove pratiche di volontariato internazionale per favorire l’inclusione sociale, la promozione dei diritti umani e la crescita personale dei volontari stessi. Il progetto a cui ha preso parte si è svolto a M’Bour, in Senegal, una cittadina situata a circa 80 chilometri dalla capitale Dakar ed ha avuto come obiettivo principale la cura di bambini da 0 a 3 anni e la formazione di giovani dai 4 ai 15 anni. Diamo seguito alla sua testimonianza.
“Durante il mio soggiorno ho collaborato a due programmi specifici: Cura dei bambini e insegnamento, dialogando in francese, che è la lingua ufficiale del Senegal. Nel programma dedicato alla cura dei bambini, ho lavorato in centri di accoglienza dove il mio compito principale era quello di prendermi cura dei più piccoli, molti dei quali provenivano da contesti familiari difficili o da situazioni di grave disagio economico e sociale. Ho trascorso le giornate giocando con loro, ballando e cantando, cercando di offrire momenti di serenità. Un momento che mi ha particolarmente colpito è stato durante il pranzo: dare da mangiare a sei bambini contemporaneamente, vedere le loro mani tese per un boccone di puré, e osservare la loro ansia di ricevere anche l’ultimo fondo della scodella. Una scena che inevitabilmente mi ha portato a riflettere sul nostro rapporto con il cibo: noi che spesso ci lamentiamo di non voler finire un piatto o rifiutiamo un pasto perché non di nostro gusto. Giocavano con i pochi peluche disponibili e facevano festa quando ne arrivavano di nuovi. Una realtà in netto contrasto con le lunghe liste a Babbo Natale che i nostri bambini compilano, dove spesso un regalo viene accantonato per il successivo. Le bambine, incuriosite dai miei capelli, si sono improvvisate parrucchiere, intrecciandoli e accarezzandoli con entusiasmo. In quei gesti semplici, ho percepito una comunione profonda, un modo per costruire ponti tra mondi apparentemente lontani. Nel programma di insegnamento ho affiancato gli insegnanti locali nelle scuole, e insegnato volontariamente materie come francese, matematica, geografia e arte, organizzando attività creative. Molti dei bambini con cui sono stata erano Talibé, affidati a scuole coraniche ma spesso costretti a mendicare per strada e privati dei diritti fondamentali dell’infanzia. La loro sete di conoscenza era palpabile: volevano imparare a leggere, fare calcoli, esplorare il mondo attraverso i libri. Ricordo ancora il loro impegno e la loro sete di conoscenza. Bambini che si illuminavano alla vista di un libro di geografia, chiedendomi se un piccolo pezzo di terra fosse il mondo intero. Grazie a Google Maps, ho potuto mostrare loro l’intero pianeta, accompagnandoli in un viaggio virtuale tra continenti e culture diverse. Erano curiosi, affascinati e avidi di apprendere. I loro occhi si illuminavano mentre scoprivano un mondo al di là delle loro strade polverose. Una scena che mi ha spinto a riflettere: mentre noi spesso consideriamo la scuola un obbligo, per loro rappresenta un privilegio, una porta verso un futuro migliore”.
Chiara, questa esperienza di volontariato come ha influenzato la tua visione del mondo e il tuo modo di vivere e trasmettere valori alle tue figlie?
“Durante il mio soggiorno ho vissuto nella casa della direttrice del programma a M’Bour, dove sono stata accolta come una di famiglia. Questa esperienza mi ha permesso di immergermi nella cultura locale, caratterizzata da una semplicità disarmante e da valori profondi come la sincerità, la generosità e l’empatia. Ho condiviso i pasti, le chiacchiere serali, i ritmi lenti e autentici di una comunità dove l’ospitalità, nota come “Teranga”, è una filosofia di vita. Qui le famiglie di tre generazioni convivono, aiutandosi reciprocamente, al contrario della nostra società, in cui ci lasciamo spesso sopraffare da conflitti familiari per motivi futili, dimenticando il valore della solidarietà. Lì non ci sono classismi: nella stessa strada convivono famiglie benestanti e baracche di persone in difficoltà. E chi ha di più condivide con chi ha meno. Un giorno ho visitato l’Île de Gorée, un luogo simbolo della tratta degli schiavi. Camminando tra le sue strade, ho riflettuto sulla capacità di perdonare senza dimenticare, una lezione potente che contrasta con il nostro mondo spesso dominato da rancore e vendetta. La mia esperienza in Senegal mi ha portato a riconsiderare i privilegi che diamo per scontati. Mentre noi ci preoccupiamo di avere l’ultimo modello di sneakers, lì i bambini corrono a piedi nudi o con un solo paio di ciabatte. Mentre noi accumuliamo giocattoli in stanze ormai stracolme, lì si condivide un peluche, trasformandolo in un tesoro prezioso. Mentre da noi il cibo viene sprecato o snobbato e ci preoccupiamo di diete e allergie, per loro ogni boccone è prezioso e si concentrano su tre bisogni essenziali: mangiare, dormire e sopravvivere. I nostri problemi spesso nascono dall’abbondanza: stress, ansia, depressione. Loro, con meno risorse ma più pragmatismo, affrontano la vita con una serenità che sembra inaccessibile per noi. E allora, chi sono i veri privilegiati? Noi, con il nostro consumismo insaziabile che ci lascia sempre insoddisfatti, o loro, che con poco riescono a sorridere e a vivere con dignità, trovando la felicità nelle cose semplici?”
Chiara, la tua essenza castelbuonese ti ispira qualche suggerimento?
“Certamente, un messaggio di speranza e soprattutto un invito alla presa di coscienza. Questa esperienza non è stata solo un contributo al miglioramento di una comunità locale, ma anche un viaggio interiore che mi ha spinta a riconsiderare il mio …il nostro modo di vivere. Vivendo questa realtà, ho imparato l’importanza della semplicità, del perdono, dell’ospitalità, della generosità: valori incarnati nella filosofia della Teranga, che invita a condividere tutto con chiunque, senza pregiudizi, concretamente e non solo virtualmente. Al cimitero dell’Isola di Fadiouth, dove cristiani e musulmani sono sepolti fianco a fianco, ho trovato una potente metafora: alla fine, siamo tutti uguali. Questo dovrebbe ispirarci a costruire ponti, non barriere. In definitiva, tornare dal Senegal significa portare con sé una lezione preziosa: imparare a relativizzare i nostri capricci e a valorizzare i privilegi che abbiamo. È un invito a riflettere e a riscoprire il vero significato di umanità”.
Concludiamo questa intervista, corredata anche dalle bellissime immagini che Chiara Morici ci ha fornito, per ringraziarla complimentandoci per il bello che ha saputo trasmettere in quell’angolo di mondo dove qutidianamente c’è tanto bisogno di umanità. E spesso noi restiamo con gli occhi chiusi e non ascoltiamo il grido d’aiuto che ci viene lanciato. Grazie ancora Chiara per averci fatto sentire tutti un po’ migliori, tu lo sei sicuramente!